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Art animalier di Fabiana MENDIA

Germani reali, anatre selvatiche, chiurli e pittime: uccelli in volo che scandiscono piani orizzontali tra nubi cariche di pioggia. Una visione idealizzata del paesaggio che nell’opera di Oscar Saccorotti “Uragano sulla palude” ci lascia abbandonare ai suoni della natura, al batter d’ali. “Cervi al tramonto” di Hermann Corrodi: due cervi si stagliano su un cielo profondo rosso, al tramonto; il dramma che seguirà non è annunciato da nessun particolare, se non dalle tonalità contrastanti del grande albero e dalle nuvole strappate, di chiara ispirazione simbolista-romantica. Il tema è intrigante sia per un pubblico che ama la caccia o che la teme, ma per entrambi la conoscenza dei “Pittori e scultori alla corte di Diana” fa alzare il sipario sul lavoro di una decina di artisti che a cavallo tra il XIX e il XX secolo si sono dedicati a raccontare la cultura della vita animale. L’arte “animalier” per la prima volta viene presentata nella capitale, al Museo del Corso, per approfondire con circa centocinquanta opere, tra tele, disegni, illustrazioni e sculture un genere che trova la sua origine in pieno clima romantico a Parigi.

E’ Antoine Louis Bayre a lanciare la moda, esponendoal Salon del 1831 un piccolo bronzo dal soggetto per quei tempi insolito, una tigre che divora un coccodrillo nel Gange. Il pubblico applaude e gli imitatori partono a raffica a creare piccoli animali esotici o domestici in terracotta, grès e bronzo. C’è chi li ritrae al giardino zoologico (come Rembrandt Bugatti e Felice Tosalli) e chi li alleva in casa e in giardino. Inimitabile Rose Bonheur, che predilige dipingere cani, gatti, gazzelle, uno yak, aquile, un leone, vacche e montoni. Protagonisti indiscussi dell’arte animalista in ceramica e in pittura nel ‘900 italiano, le opere di Guido Cacciapuoti e di Roberto Lemmi testimoniano le loro tendenze culturali, in cui emerge la loro volontà a non farsi coinvolgere troppo dai movimenti d’avanguardia, per restare fedeli all’Art Nouveau, al Decò e al Verismo. Erede della maestria della famiglia capeggiata da Giuseppe, chiamato a Napoli dal Principe Gaetano Filangieri di Satriano a collaborare come “artista ceramico” presso il Museo artistico Industriale, Guido si specializza nelle sculture d’arredamento, create a partire dal 1931 a Milano. Qui fonda la “Gres d’Arte Cacciapuoti” e si specializza nella serie dei “galli”, dei “cani da caccia”, dei “cavalli da tiro”, delle “volpi”. Naturalista appassionato e talentoso illustratore, Roberto Lemmi chiamato dall’editore Vallecchi nel 1936 a realizzare le copertine della rivista “Diana”, con spirito miniaturista e attenzione scientifica, si dedica a descrivere le migrazioni di beccacce, beccaccini, coturnici, starne, marzaiole, e cesene e frosoni appollaiati sui rami.
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