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L'Annunciazione risplende nella sala delle Navi di Fabiana MENDIA

Per le migliaia di estimatori che l'avevano ammirata all'indimenticabile mostra di Antonello da Messina, l'"Annunciazione" (1474) esposta con le lacune ben visibili sulla superficie pittorica aveva destato non poche perplessità. Il viaggio dell'opera dalla Galleria Regionale di Palazzo Bellomo di Siracusa nella capitale per la manifestazione alle Scuderie del Quirinale, che ha registrato da marzo a giugno del 2006 un successo di presenze strabiliante, è stata così l'occasione colta dagli studiosi per trasportarla nei laboratori dell'Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro (ex Istituto Centrale per il restauro). Per soli quattro giorni dal 24 al 30 aprile (chiusa il 25, 26 e 27) sarà possibile rivederla nella sala delle Navi del Complesso Monumentale di S.Michele a Ripa, dopo il delicato restauro durato due anni che ha colmato le numerose perdite di colore.
Il dipinto fu acquistato per settecento lire nel giugno del 1907 dallo Stato italiano per essere esposto nel museo siciliano, proveniente dalla Chiesa di Santa Maria Annunziata di Palazzolo Acreide a una quarantina di chilometri a est di Siracusa. Le condizioni di salute della tavola erano già considerate gravi a quei tempi e il terremoto di Messina del 28 dicembre del 1908 fu l'occasione per avviare le prime cure da parte del restauratore Luigi Cavenaghi, che nel suo studio milanese operò il trasporto della superficie pittorica da tavola a tela. Un intervento traumatico per qualunque opera, ma resa assolutamente necessaria per le condizioni del supporto di legno di noce, fratturato e fradicio per l'umidità. Da quel momento in poi, in mancanza dei moderni strumenti usati oggi, il capolavoro di Antonello è stato sempre oggetto di attenta e scrupolosa osservazione da parte dei tecnici e degli storici dell'arte. Quando Cesare Brandi fonda nel 1939 a Roma l'Istituto Centrale del Restauro, l' "Annunciazione" ripassa lo stretto e per qualche tempo rimane sotto osservazione. Il ministro dell'Educazione Nazionale proponeva di reintegrare le estese lacune presenti sull'intera superficie, ma a quei tempi il celebre esperto non aveva ancora elaborato la sua ben nota metodologia della reintegrazione delle lacune, che in seguito fu stigmatizzata con la tecnica del "tratteggio" (o rigatino) e dell'abbassamento ottico-tonale.
Reintegrate quasi completamente le lacune del manto blu della Vergine, le ali dell'arcangelo, i paesaggi al di là delle finestre il capolavoro di Antonello viene restituito a una migliore fruizione dell'opera e nella sua articolata struttura spaziale, complicata sullo sfondo dalle fughe delle stanze e cromatico-luminosa, nella sopesa "magia delle ombre", come precisa Mauro Lucco nella scheda del catalogo.
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