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Bill Viola di Fabiana MENDIA

Una delle fonti principali di ispirazione di Bill Viola sono le opere di Caravaggio, soprattutto quelle del ciclo dedicato a San Matteo, le tre tele dipinte per la cappella Contarelli a San Luigi dei Francesi. L’artista newyorkese, di origini pavesi, esprime il suo legame profondo con il maestro lombardo, attraverso la forza delle immagini, dei corpi ripresi al rallentatore, che enfatizzano, senza retorica, un’idea di monumentalità e di eroismo, attraverso la resa del dettaglio che spiega il suo senso di verità. Il più grande esponente vivente della video arte ha accolto con entusiasmo, un anno, fa l’idea di partecipare con una installazione, alle celebrazioni organizzate dalla Soprintendenza al Polo museale di Napoli in tandem con “Civita” , per il quarto centenario della morte di Caravaggio. Al Museo di Capodimonte, dove si conserva la celebre “Flagellazione” dipinta dal Merisi tra il 1606 e il 1607, Bill Viola ha creato la sua ultima opera, attingendo all’antico e, proponendo sei video che coinvolgono lo spettatore in una trance emotiva, in una profonda riflessione sulle passioni umane, sul controllo delle emozioni.
Il video-performer americano nell’evento di Capodimonte fa rinascere Caravaggio, mettendo al centro del suo lavoro gruppi di persone che passano davanti all’obbiettivo, presi nella disperazione, ritratti nella sofferenza, e quindi così vicini alla produzione artistica degli ultimi anni del pittore lombardo.
Per spiegare il racconto visivo che Bill Viola ha scelto di presentare a Napoli, citiamo una sua affermazione, chiarita durante la skype-conference il giorno dell’inaugurazione: “Caravaggio me lo porto dentro da quando ho incominciato a studiarlo durante gli anni dell’Accademia. Ho sempre ammirato la capacità di attualizzazione degli episodi religiosi del Maestro, la potenza nel trasmettere le emozioni così da rendere possibile ai suoi contemporanei di seguire gli episodi religiosi e di identificarsi con gli attori delle scene”.
Gli ambienti dei video di Viola sono luoghi chiusi, in cui la profondità è creata dalle apparizioni solenni dei personaggi che si muovono al rallentatore e senza sbilanciamenti, così da non dovere sottostare all’oggettività della luce naturale. La drammaticità delle espressioni degli interpreti, che appaiono nelle sequenze di “The Quintet of the Astonished”, di “Observance”, captano ipnoticamente l’attenzione del pubblico: lo bloccano per intensi minuti, durante i quali, è fondamentale scrutare gli impercettibili cambiamenti espressivi dei volti dei protagonisti.

Una forte sacralità si percepisce nella sala dedicata a Raffello Causa, dove è allestita la mostra: oltre ai temi, anche l’uso potente delle luci, evidenziano stati d’animo profondi. In “The Raft”, diciannove uomini di età e ceto sociale differenti sono travolti da un improvviso diluvio: sopravvivono tutti e, alla fine, nella difficoltà si accentua il richiamo alla fratellanza. “Three Women”e “Transfiguration”, sono dei video dove si offre una ricerca sui cambiamenti interiori, mentre in “Union” si proietta una riflessione sul disagio di chi sente intrappolato nel proprio corpo. Le opere dell’artista americano generano anche ambientazioni sonore, con labili risonanze, e un repertorio di silenzi e sonorità che ha registrato nelle chiese fiorentine negli anni ’70 .
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