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Botticelli, vanto dei Medici di Fabiana MENDIA

Sandro Botticelli senza la Firenze di sogno creata da Lorenzo il Magnifico non avrebbe dipinto gli eleganti ritmi corporei invincibilmente vitali. La realtà in cui cresce artisticamente è descritta da San Bernardino da Siena: "La patria d'Italia è la più intellettiva parte del mondo, e Firenze la più intellettiva città della Toscana". Un'epoca di splendore che resterà unica nella storia e che fu concentratissima di contenuti filosofici e morali. Ma anche di fasti di corte, eventi sportivi di grande mondanità come giostre e cacce, cortei e danze. Per promuovere la propria immagine di stratega e raffinato principe Lorenzo invita letterati e poeti che esaltino le sue doti pubbliche e private, commissionando e finanziando imprese artistiche. La sua accademia platonica, che proseguiva le intenzioni del circolo umanistico del padre Cosimo, aveva raccolto le adesioni dei maggiori filosofi greci e intellettuali occidentali: Ficino, Poliziano, Alberti.
Tra tutti gli artisti che partecipavano alle conversazioni sulla possibilità concreta di conciliare il cristianesimo con la filosofia di impronta pagana, Botticelli fu il prescelto dal principe. Nonostante il cognome, che non esalta le qualità delle sue eleganze formali né la raffinatezza delle scelte stilistiche, preso in prestito da un soprannome dato al primo dei suoi fratelli e che fu trasmesso poi anche agli altri membri della famiglia, dal 1480 è il pittore più rappresentativo dell'età laurenziana. E' a capo dell'èquipe di fiorentini che viene mandata a Roma nel 1481 per affrescare le "Storie di Mosè" nella Cappella Sistina che lavorava insieme agli umbri, coordinati da Perugino.
Con Lorenzo condivide sia gli entusiasmi per l'antichità sia più tardi le inquietudini spirituali. Un rapporto di stima e amicizia che fu causa in parte della sua sventura.Vittorio Sgarbi, nel 9° volume, da domani in edicola, fa emergere il peso delle scelte verso l'idealismo neoplatonico che lo porterà ad acuire la sua sensibilità e a portarlo a essere impreparato al momento del crollo dei Medici, in contemporanea con le predicazioni infiammate del Savonarola. Il suo canone di bellezza delle forme il più possibile "pure" e ideali , intesa come fonte primaria di ogni pulsione positiva dell'uomo, prima dell'incontro diretto con la cerchia dei dotti (o è meglio neoplatonici), se lo era formato durante l'alunnato con Filippo Lippi. Non dimentico mai della resa plastica e dell'energico segno del Pollaiolo e del Verrocchio, evidente nelle "Storie di Giuditta". "La Primavera","La Nascita di Venere", "Pallade e il Centauro" sono opere ricercatissime, emblematiche dell'estraneità a interessi mimetici e alla conferma, invece, dei corpi costruiti esclusivamente dalla linea. Muore Lorenzo nel 1492, decade la sua "carica" di pittore dei Medici. Il frate accende in piazza della Signoria il primo "rogo della vanità". Botticelli brucia alcuni capolavori insieme agli oggetti di lusso dei fiorentini. Salva "La Crocifissione ", "La Natività Mistica" e le due versioni del "Compianto di Cristo".
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