artICOLo pubblicati da fabiana mendia su



Edward Hopper di Fabiana MENDIA

Una tensione costante, un invito a costruire una narrazione da ciascun dipinto attraverso l’uso reiterato di figure geometriche nette, perfettamente tridimensionali, che acquistano monumentalità grazie all’intervento della luce e delle ombre, di scorci in cui la morfologia della terra è ben visibile: i pascoli di Cape Ann, le dune ondulate di Cape Cod, le colline del Vermont. Coppie nottambule in un ristorante all’angolo di due strade del Greenwich Village a New York, vetrine di negozi di città deserte, fuori del tempo, donne nude e seminude che guardano fuori delle finestre di hotel e appartamenti assolati, assorte e turbate, di giorno, all’imbrunire e che di notte, invece, sono inconsapevoli attrici davanti allo sguardo dell’artista, che interpreta il ruolo del regista invisibile. Il sipario rosso opaco, colore amato da Edward Hopper (1882-1967) e presente spesso nelle sue tele, si è alzato, venerdì mattina, frusciante, discreto, a Palazzo Marino, sede del Comune di Milano, sulla presentazione della prima grande mostra in Italia sul maggiore esponente del realismo americano del XX secolo. Il sindaco Letizia Moratti e l’assessore alla Cultura Massimiliano Finazzer Floris hanno illustrato il percorso espositivo (curato da Carter Foster, conservatore del Whitney Museum, che ha concesso una parte della sua collezione, organizzazione Arthemisia)e annunciato la data della rassegna, fissata per il 15 ottobre a Palazzo Reale e che sarà, successivamente, inaugurata il 24 febbraio a Roma alla Fondazione Roma Museo.
L’esposizione di centosettanta opere dell’indagatore, dell’interprete del mito dell’esperienza quotidiana sviluppata attraverso un crescente interesse per le drammatiche potenzialità della luce, attraverso la quale penetrare l’essenza più profonda della realtà, si offre come un’occasione per confermare la possibilità di successo della collaborazione tra pubblico e privato, in un momento di flessione degli investimenti istituzionali nella cultura, e quindi di riflessione sulle strategie di comunicazione per coinvolgere un pubblico sempre più ampio. “L’antologica sul maestro statunitense è stata la scintilla dell’inizio di questa avventura di partnership culturale - ha detto Emmanuele Francesco Maria Emanuele, presidente della Fondazione Roma. Seguirà subito dopo una mostra su Giorgio Marconi e poi altri progetti da sviluppare insieme. Per l’allestimento e la promozione della retrospettiva su Hopper, invece, ognuno offrirà ai visitatori una personale interpretazione”.

Il suo mondo colto al volo, di passaggio, era immobile e muto. Due esempi, due tele del suo inventario sulle stazioni di rifornimento: in “Gas”(1940) e in “Benzina. Strada a quattro corsie”(1946), compaiono sullo sfondo immagini di boschi sfocati, che hanno l’aspetto di alberi visti mentre passiamo in automobile a cento all’ora. Hopper rappresenta i due proprietari delle stazioni di servizio, il primo mentre lavora ancora, ma l’azione non azione che svolge accanto al distributore fà percepire il disagio di qualcosa che deve accadere in un tempo e in uno spazio imprecisato. Nella tela del 1946, primo esempio in cui un artista dà dignità a una pompa di carburante come spunto per una tela, Hopper combina una situazione tra spazio semi pubblico e spazio pubblico: la stazione e l’autostrada. Ma per comprendere la pittura di Hopper, come affermava lui stesso in un’intervista concessa il 29 ottobre 1939, al direttore della Addison Gallery of America art di Andover, è opportuno aspettare di visitare la grande mostra in autunno: “Caro, signor Sawyer, Lei mi chiede qualcosa che è forse difficile come dipingere, cioè spiegare la pittura a parole (…) Perché scelga certi soggetti piuttosto che altri, non lo so neanche io con precisione, ma credo che sia perché costituiscono il miglior mezzo per sintetizzare la mia esperienza interiore”.
TORNA AGLI ARTICOLI