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Leonardo, scienziato dell'arte di Fabiana MENDIA

Nei quattromila fogli di appunti giunti fino a noi con schizzi e disegni preparatori su dipinti e sculture Leonardo con le sue note e riflessioni ci trasmette il suo impeto creativo, rivolto innanzitutto all'osservazione diretta della realtà. L'arte è una forma di conoscenza inventiva e deve essere usata come strumento di indagine scientifica. Le sue idee e i suoi studi sui molteplici aspetti della natura e sull' urbanistica, architettura, ingegneria civile e militare, geometria, fisica, ottica, astronomia, meccanica, idraulica, anatomia e sul volo degli uccelli sono accompagnati da disegni e abbozzi per rendere visibili le sue considerazioni. Da quelle morbide sanguigne, dai profili e tratti a penna e inchiostro, gessetto nero, biacca e sfumino su carta, sono nati gli spunti per la maggior parte dei suoi capolavori: "La Vergine delle Rocce", "La Dama con l'ermellino", "La Sant'Anna, "La Gioconda". I consigli su come procedere nel miglior modo nel "ritrarre le cose di rilievo" si leggono nel suo "Trattato della Pittura". La sua abilità nel disegno come il mezzo più efficace per dare forma visibile all'analisi del mondo era stata intuita già dal primo biografo di Leonardo, Vasari che gli attribuisce l'avvio della "terza maniera, che noi vogliamo chiamare la moderna oltre la gagliardezza e la bravura del disegno, ed oltre il contrattare sottilissime tutte le minuzie della natura (…) dette veramente alle sue figure il moto e il fiato".
Dalla tavola incompiuta con "L'adorazione dei Magi" Vittorio Sgarbi, nella presentazione al quarto testo (da domani in edicola) sul versatile genio nato a Vinci nel 1452, dà avvio alla sua analisi intessendo un lucido discorso sul principio che la rappresentazione delle figure per mezzo di segni e linee è l'emanazione più diretta dell'invenzione primaria dell'artista. La prima opera datata è del 1473 : "Paesaggio con la valle dell'Arno" con la scritta autografa leggibile da destra a sinistra, secondo lo stile di scrittura che adotterà per tutta la vita. L'artista ha venti anni e un talento indiscutibile nel creare uno spazio fatto di atmosfera, aria, luce. A quei tempi è a bottega dal Verrocchio dove vi rimase fino al 1476. Divideva la sua esperienza di "garzone" con Botticelli, Perugino, Lorenzo di Credi e il Ghirlandaio. E' la Firenze di Lorenzo il Magnifico, abile politico e diplomatico, collezionista, che ospitava nel giardino di San Marco gli uomini illustri della cerchia neo-platonica, Leonardo e il giovanissimo Michelangelo.
Nel 1482 lascia la capitale del Rinascimento per raggiungere Ludovico il Moro a Milano. In diciotto anni registra una "escalation" di successi. L'Ultima Cena in Santa Maria delle Grazie, lo incorona davanti alla corte sforzesca: i dodici apostoli recitano un dramma di forte potenza scenica attraverso la gestualità di centotrenta dita e un raffinato gioco di teste, rompendo gli schemi di una composizione fino ad allora dipinta fissa e statica.
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