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Michelangelo, pittore "pentito" di Fabiana MENDIA

Un frate lo affascina, un mecenate lo accoglie a braccia aperte, due pontefici lo sostengono, una donna gli scrive poesie e lui la ama platonicamente. Girolamo Savonarola, Lorenzo dei Medici, Giulio II e Paolo III, Vittoria Colonna marchesa di Pescara. Cinque figure chiave nella lunga vita di Michelangelo, morto a novanta anni nella casa romana al foro di Traiano, che hanno determinato le inquietudini religiose, influenzato gli orientamenti artistici, esaltato la consapevolezza del ruolo di artista (la sua eterodossia iconografica poco decorosa per i zelanti fu invece appoggiata dai papi), ispirato sonetti, madrigali e dedicato disegni religiosi in segno di amicizia. Scontroso, introverso, tormentato, solitario, temerario, irruento, melanconico: un identikit caratteriale riportato con dovizia di annotazioni e rarissime omissioni di testimonianze, dai biografi Condivi e Vasari.
Giotto, Masaccio e lo studio dell'antico conosciuto attraverso la collezione di Lorenzo il Magnifico furono la sua vera scuola. Nonostante un contratto triennale di apprendistato, trascorre pochi mesi nella bottega del Ghirlandaio. Preferisce frequentare la libera accademia di artisti, umanisti e poeti nel giardino mediceo dove discorre con Pico della Mirandola, Ficino, Poliziano, teorici della filosofia neoplatonica che esaltava la vita contemplativa e il concetto di bellezza idealizzata.
Anni di pace interiore in cui nascono le prime sculture: la "Battaglia dei Centauri", la "Madonna della Scala". Nel 1492, morto Lorenzo, ago della bilancia degli equilibri politici italiani, Firenze caccia i Medici e Michelangelo si infervora per il frate domenicano, predicatore della rifondazione della Chiesa e del Cristianesimo, attraverso un intransigente processo di moralizzazione.
Per esprimere "tutto quel che d'un corpo umano può fare l'arte della pittura, non lasciando dietro atto o moto alcuni", dopo il Tondo Doni (1504), che prelude la "maniera" michelangiolesca, "con grande affanno e con grandissima fatica di corpo" (si lamenterà con il fratello Buonarroto) in quattro affresca la volta in Vaticano, "summa" della teologia cristiana e grandiosa rappresentazione della redenzione dell'umanità . Vittorio Sgarbi, nell'ottavo volume dedicato all'autore di uno dei supremi trionfi del genio umano (da domani in edicola) scandisce dalle "Storie della Genesi" l'avvio della sua epopea, che si concluderà con la Pietà Rondinini, testamento artistico in cui nega fino alla fine la sua appartenenza alla pittura, proclamandosi scultore.
Ventitrè anni dopo, sulla parete di fondo della Sistina, la tensione spirituale e il rapporto con Dio si catalizzano nel clamoroso rinnovamento iconografico del "Giudizio Universale", meditazione sulla morte e sulla salvezza.. Le sue riflessioni sul ruolo tutto spirituale seppure monumentale della pittura si concludono nella Cappella Paolina, una forte interpretazione ascetica senza la luce della grazia.
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