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Taccuini Piranesi di Fabiana MENDIA

Il volto della Città Eterna, la magnificenza e la grandiosità dell'architettura romana, esaltate e divenute famose attraverso la copiosa produzione incisoria di Giovan Battista Piranesi. La serie di vedute documentarie, di scenografie fantastiche, di rilievi di monumenti, di iscrizioni, sepolcri e vasi frammisti a elementi della natura, secchi arbusti e rampicanti che volevano nelle intenzioni dell'architetto veneziano suggerire l'idea dell'abbandono e, contemporaneamente, rappresentare la visione selvatica della natura, richiamandosi ai paesaggi di uno dei suoi pittori preferiti, il napoletano Salvator Rosa.

Per seguire la fantasia senza briglia dell’autore delle celebri acqueforti “Carceri d’invenzione”(1761) e delle “Antichità Romane” (1756), che a venti anni giunge nella città dei papi al seguito dell’ambasciatore Francesco Venier, si possono sfogliare i “Taccuini di Modena”, due raccolte di trecento fogli inediti, stampati dalla casa editrice Artemide, a cura di Mario Bevilacqua. Ieri pomeriggio, all’Istituto Nazionale per la Grafica, con sede a Palazzo della Fontana di Trevi, il professore Emmanuele Emanuele, ha presentato i due preziosi volumi, sottolineando l’impegno della Fondazione Roma da lui presieduta, nel riconoscere l’importanza nel sostenere sia la ricerca scientifica che la diffusione dell’arte e della cultura.

Il corpus di disegni, donate alla città emiliana nel XIX dal marchese Campori, apre una nuova pagina sull’interpretazione della grafica piranesiana e approfondisce alcuni aspetti delle intuizioni di uno dei grandi interpreti del passaggio dal Barocco al primo Illuminismo.


 



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