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La pittura, unico grande amore di Fabiana MENDIA

"Un pittore che resta per sempre". Il pittore Emile Bernard con spirito premonitore e chiaroveggente esprime la sua grande stima all'amico Vincent Van Gogh, che solo un anno dopo la morte nel 1890, incominciò a conquistare i cuori dei contemporanei. Un difficilissimo compito che il pittore olandese affida ai suoi quadri: comunicare la sua visione del mondo con quegli uomini con i quali tutta una vita cerca di entrare in contatto, non riuscendovi fino in fondo come avrebbe voluto. Eccezione fatta per alcuni che amò tanto fino a ritrarli: Madame Ginoux, il dottor Rey, Paul-Eugène Milliet, père Tanguy. Nomi legati a diversi momenti della sua fragilità esistenziale, da cui trasse però la carica per quelle linee tese e vibranti che lo portarono vicino alla rottura della figurazione naturalista.
Dipingere è l'impegno che lo coinvolge totalmente. Fu il suo unico sfogo. Le donne lo hanno deluso. Il padre muore giovane. Con sofferenza riesce dopo l'esperienza di predicatore nelle miniere belghe del Borinage e di impiegato nella ditta del mercante d'arte Goupil, a cambiare rotta e a scegliere di diventare artista nel 1880, a 27 anni. Primo di sei fratelli, Vincent stabilisce con il fratello Theo un fitto rapporto epistolare e d'intesa professionale. Ma Van Gogh per esistere non ha bisogno della forza del mito. Non serve per capirlo farne un "eroe" degli insuccessi e delle incomprensioni della critica: riesce a vendere solo un quadro l'anno prima di morire. Vittorio Sgarbi, sceglie per la seconda tappa in questo viaggio nell'arte occidentale, (da domani in edicola) l'autore dei girasoli, di quei gialli irripetibili (icone per i falsari dei quattro continenti). Ci porta così ad affrontare oggi il problema del significato autentico della sua opera oltre, quindi, la demistificazione di episodi, che se si dimostrassero falsi, non cambierebbero sicuramente il significato della sua arte. Come l'incidente dell'orecchio tagliato, quella notte tra il 23 e il 24 dicembre. Un gesto scellerato che suggella sessantadue giorni di convivenza con Gauguin nella casa gialla di Arles, quando ormai il loro rapporto di amici al lavoro si era deteriorato irrimediabilmente. Ma prima della tragedia, Vincent ha creato quaranta capolavori e Paul diciannove. Una bella mostra in corso a Brescia mette in luce il loro breve idillio artistico.
Nei due anni di Arles spinge all'estremo i blu, i gialli, i verdi, senza nessuna fatica perché, al sole del Sud, dirà "Devo solo aprire gli occhi per cogliere quanto ho davanti a me". Ma anche le scene di notte nei caffè brillano: a Place du Forum e a Place Lamartine. Le riflessioni sulla lettura dei capolavori di Federica Ammiraglio, nella parte centrale del testo, si soffermano sui particolari, sugli stati d'animo dell'artista, sulle lettere a Theo. Siamo all'epilogo. "Campo di grano con volo di corvi". La natura dipinta prima del suicidio. "Non ho più coscienza di me stesso e i quadri nascono come in un sogno". Il 27 luglio 1890 si spara al petto tra le messi biondeggianti.
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