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Scomposizioni di Fabiana MENDIA

Tre differenti campi di espressioni applicati a tre metodi di indagini differenti per mettere in evidenza le seducenti esigenze interpretative, le bellezze immaginate di Camilla Ancillotto, Erika Calesini e Folrence Fabre. “Scomposizioni”, inaugurata ieri nella sede della finanziaria MethoriosCapital, a Palazzo Torlonia (via Bocca di Leone 78), a cura di Gloria Porcella e Lamberto Petrecca, raccoglie una quarantina di opere che si propongono ai visitatori con molteplici chiavi di lettura, con celate dichiarazioni poetiche, enigmatiche rappresentazioni ed equilibrati sistemi percettivi.
Nelle sale della società, location privilegiata questa volta dai due curatori della mostra della Galleria Ca’ d’Oro di piazza di Spagna (dopo il bunker dell’Eur e lo spazio “Mazzini”) le “biciclette” lavorate, saldate, picchiettate, inquadrate su tela di Erika Calesini, appoggiate alle pareti, sono presentate come un “amarcord” velatamente simbolico. L’artista riminese, senza nessun rimpianto dadaista, ha scelto un particolare di un “oggetto” del suo piccolo mondo, simbolo di libertà, di sogno, per concentrare la predominanza del suo desiderio sia di ricerca materica (i supporti sono trattati con sabbie, catrami) che di poetica rilettura.

Con Camilla Ancillotto, invece, si punta alla crisi della logica, al rovesciamento delle immagini e a un linguaggio basato sulla allusività delle immagini e si gioca con i prismi, con i quadrati girevoli. Dichiarate le implicazioni surrealiste nell’evidenziare nelle raffinate sottigliezze la costruzione di innumerevoli contenuti variabili a cui lo spettatore è chiamato a confrontarsi, potendo azionare il movimento della “tessere mutevoli”, trovandosi così inconsapevolmente interpretare il divenire. Il repertorio attinge da icone del mondo antico e contemporaneo, come “Scilla”, “Nefertari”, “Le Tre Grazie”, fino a Marylin. Grande spettacolarità, infine, nelle fotografie, di insostenibile leggerezza e assoluta piacevolezza di Florence Fabre. Invece del retino regolare usato da Lichtenstein nelle sue vignette degli anni ’60, la Fabre, utilizza come protezione alle facce di “Dalì”, “Lucherini”, “Warhol” e ai loghi di “China Tin Coke”, “U.S.A flag”, vetro spesso tagliato a mosaico.
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