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Deredia a Roma di Fabiana MENDIA

Forme organiche, sculture segnaletiche della radice umana, di simboli, di certezze. L'assolutezza del cerchio, della sfera, dei loro significati di forze, di motori generatrici dell'universo, della vita nelle opere grandi, enormi, a volte incombenti collocate nel cuore della Città Eterna (al Colosseo, piazze Barberini e San Lorenzo in Lucina, cortili di Palazzo Altemps e Massimo alle Terme) a memorizzare all'uomo i motivi centrali della sua storia e della sua esistenza. Messaggero di pace, a sostegno di un'idea partita sette anni fa, Jimènez Deredia, residente in Italia dal 1974, immerso nel periodo della formazione nella dimensione ascetica michelangiolesca e rinascimentale toscana, ha individuato nella capitale una delle mete significative del suo percorso spirituale, che con la consapevolezza e il coraggio dell'utopia lo hanno portato a inaugurare ieri, in un'abbagliante e ventilata giornata di sole, la mattina al Palazzo delle Esposizioni e nel pomeriggio ai Fori, la sua rivisitazione artistica delle culture dell'America indigena.
La mostra "Deredia. La genesi e il simbolo", fino al 30 novembre, curata da Fabio Isman (catalogo Electa) testimonia con marmi monumentali e interpreta le metamorfosi dell'origine della natura, con elementi sinteticamente idealizzati che replicano, spesso, il "quattro": numero delle stagioni, dei punti cardinali.
Vedere ai Fori, in quel dedalo di romantiche rovine, che sorge nella depressione di tufo vulcanico scavata tra il Palatino e il Campidoglio dal piccolo corso del Velabro, la serie delle “Genesi” scolpite in marmo bianco di Carrara e le riflessioni antropologiche (“Canto a la Vida”, “Encuentro”), richiamano l’origine del complesso e intenso processo di elaborazione interiore, definito dallo scultore; “Simbolismo Trasmutativo”.

Ma lo scenario, il grande cuneo archeologico che oggi appare molto “scarnificato” rispetto alle sue secolari sovrapposizioni, per mettere in luce i primitivi resti di dodici secoli della civiltà romana, è stato offerto da Angelo Bottini, Soprintendente ai Beni Archeologici di Roma, con grande entusiasmo. “Le opere dello scultore Deredia- ha detto ieri durante la presentazione della manifestazione- che dialogano con le architetture di un luogo che vide le origini di Roma è un’emozionante occasione di confronto tra il passato e il contemporaneo, di promozione e valorizzazione dei Fori”.
Per comprendere l’universalità del progetto “La Ruta de la Paz”, che toccherà altre nove Paesi, il neofita che si accosta per la prima volta al divenire cosmico delle strutture monumentali di Deredia, influenzate dalle antiche sculture degli indios Boruca, è invitato a incontrare in primis le opere esposte al Museo di via Nazionale: progetti architettonici, sculture in dimensioni ridotte e altre in bronzo, allestite da Cesare Mari.
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