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Masaccio, cantore della vita attiva di Fabiana MENDIA

Uomini veri, giusti, di una società civile, laica che discutono dell'attualità politica, che è drammatica. Scelgono la piazza come teatro naturale dei loro incontri. Li ha dipinti Masaccio, protagonista dell'ultima monografia presentata da Vittorio Sgarbi, (da domani in edicola con "Il Messaggero") nella Cappella Brancacci con richiami alla classicità antica che non deve però far pensare a una sua romanizzazione convinta, stimolata è vero dal suo viaggio culturale a Roma con Masolino nel 1425, ma che deve essere interpretato invece in altro modo: le sue figure hanno espressioni severe, contenute perchè rappresentano un orgoglioso sentimento cittadino, negli anni in cui Firenze difende la sua indipendenza repubblicana contro i Visconti. Insieme a un ristretto gruppo di artisti Brunelleschi, Nanni di Banco, Donatello, l'arte raggiunge a Firenze nel primo quarto del XV secolo, tramite l'espressione estetica, l'elemento etico, l'obiettivo di dare una nuova immagine dell'uomo e di assumere una posizione di predominio sulle altre attività dello spirito, di affermare il primato della vita attiva su quella contemplativa. Il paradosso della sua parabola artistica che si conclude a 27 anni, si evidenzia nell'essere prescelto per realizzare due importanti commissioni da Masolino, uno dei pionieri del Gotico Internazionale.
Due anni di lavoro insieme che non frenano lo slancio del giovane e grande innovatore, ma che anzi al contrario funzionano da traino per Masolino, di diciotto anni più anziano, che si proietta in insospettate avventure più marcatamente tridimensionali. La prima collaborazione risale alla tavola dipinta tra il 1423 e il 1425: la Vergine, il bambino e l'angelo reggicortina sulla destra sono di Masaccio, mentre la Sant'Anna e gli altri angeli sono di Masolino. Le due mani diverse sono evidenti, tuttavia non c'è contrasto, anzi il rapporto appare già collaudato. La monumentalità di Anna sovrasta la madre di Gesù seduta in trono, ma non la ingloba. Anche se è in piedi e con quel gesto della mano che sorprenderà Leonardo non riesce a dominare la scena, a sondare lo spazio tridimensionale, manca di effettiva profondità. Masaccio invece ha già il senso della costruzione del corpo, dell'architettura interna e dimostra una precoce padronanza della prospettiva e della luce che definisce le forme.
Ma è con le "Storie di San Pietro" affrescate per Felice Brancacci che il lavoro in tandem dei due artisti esprime chiaramente la diversità del loro stile riscontrabile in un unico colpo d'occhio per le dimensioni ridotte della cappella. Masolino si adegua allo stile di Masaccio, più che per convinzione per garantire una uniformità di risultato. Si dividono in alternanza gli episodi sulle pareti affinché non si evidenzi una distinzione formale troppo evidente e ci sia armonia. Adottano un vocabolario comune, scelgono gli stessi rapporti scenici, di volume, di impostazione prospettica, di uso della luce per creare relazione tra i personaggi. Un testo scritto a quattro mani di sconvolgente novità e di grande equilibrio con una interpretazione tutta umana del fatto sacro.
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